“Una terrazza fronte mare ancorata al suolo, chiusa con serramenti a impacchettamento laterale e realizzata con un notevole aumento della volumetria, non può che essere considerata una costruzione edilizia. Oltretutto, se non concessa dal Comune con apposito permesso ed ostruente il panorama della proprietaria dell’abitazione accanto, anche illegittima.”
È questa la decisione presa recentemente dalla Suprema Corte (Presidente Migliucci – Relatore Cosentino) con cui gli Ermellini hanno affermato che l’opera oggetto di contestazione, nel caso specifico una “tenda chiusa con vetrate ad impaccamento laterale” a copertura della terrazza fronte mare di pertinenza dell’hotel confinante con l’immobile di parte attrice a cui aveva causato una “riduzione del panorama”, è illegittima essendo stata nella specie eseguita non una semplice tenda ma una notevole costruzione ancorata al suolo con aumento notevole del volume.
La Cassazione definisce tale opera come “costruzione edilizia”, anche a seguito della CTU in primo grado che dava atto trattarsi di serramento ad impacchettamento laterale. La tenda ad impaccamento laterale viene, infatti, qualificata come struttura ombreggiante autoportante in alluminio con tetto arcuato, fissato ad un sistema di traversi, carrelli e guide che ne permettono lo scorrimento.
La lunga vicenda ha inizio nel 2008, quando parte attrice intentava un giudizio nei confronti della società proprietaria dell’hotel confinante sostenendo l’illegittimità dell’opera di cui sopra per contrarietà alla normativa prevista nel Regolamento del Comune di Iesolo e richiedendo al contempo il risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2043 c.c. In primo grado il Tribunale rigettava la domanda così come proposta. In sede di gravame, la Corte d’Appello di Venezia riformava la sentenza di primo grado accogliendo la domanda di risarcimento dei danni a causa della riduzione del panorama che la abitazione della ricorrente avrebbe patito in ragione della realizzazione della tenda chiusa con vetrate a copertura della terrazza fronte mare di pertinenza dell’hotel confinante.
Secondo la società convenuta, gestore dell’hotel su ci era stata edificata la veranda, l’opera in contestazione avrebbe formato oggetto di apposita concessione edilizia rilasciata dal Comune addirittura per una superficie e volumetria maggiore rispetto a quella effettivamente realizzata. Eccepiva, inoltre, l’amovibilità dell’opera, nonché la sua totale conformità alla concessione edilizia così come confermata dalla CTU tecnica.
La Suprema Corte, confermando la sentenza della Corte territoriale di secondo grado, ha ritenuto illegittima l’opera in contestazione, in quanto struttura prefabbricata in pali metallici infissi nel lastrico solare dell’albergo e, soprattutto, priva di idoneo permesso di costruire. Infatti, la concessione rilasciata dal Comune di Iesolo prevedeva la realizzazione di una tenda chiusa con vetrate ad impacchettamento laterale su fabbricato ad uso albergo; per i giudici di legittimità, invece, la costruzione di cui trattasi sarebbe non una semplice tenda, bensì una notevole costruzione ancorata al suolo con notevole aumento di volume (una vera e propria costruzione edilizia).
Per quanto riguarda l’ammontare del risarcimento dei danni, la Suprema Corte ha infine stabilito che il conteggio del danno sviluppato dall’ausiliario del giudice non esamina lo scostamento (peraltro evidenziato dal consulente di parte convenuta) tra lo sviluppo di tale conteggio ed il criterio indicato dallo stesso CTU (criterio che tiene in considerazione i gradi di visuale interclusi dal manufatto in relazione all’angolo piatto di visibilità moltiplicato per un coefficiente di visibilità).
Luglio 2017-Avv. Andrea Vecchiotti Foro di Civitavecchia