INTESTAZIONE AI FIGLI DELLA NUDA PROPRIETA’ DI UN IMMOBILE CONTESTUALMENTE ALL’ACQUISTO DA PARTE DEL GENITORE POI FALLITO – DONAZIONE INDIRETTA – REVOCATORIA EX ART 64 LF (Tribunale di Civitavecchia – sentenza n. 1360 del 12.12.16) Avv. Fidalma Chiacchierini

 

 

L’intestazione ai figli della nuda proprietà di un immobile, contestualmente all’acquisto da parte del genitore poi fallito, costituisce donazione indiretta e in quanto tale – ove compiuta nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento – inefficace ex art 64 LF, a condizione che il donante abbia versato l’intero prezzo del bene.

Questo è il principio affermato in una interessante sentenza del Tribunale di Civitavecchia, Giudice Dott. Bianchi, del 12.12.16 n. 1360

 

Il caso in esame riguarda una vicenda in cui si assumeva che nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento, un soggetto – poi fallito – e la di lui figlia avevano acquistato rispettivamente l’usufrutto e la nuda proprietà di un bene immobile, il cui prezzo, al netto dell’acconto versato prima del rogito notarile, avrebbe dovuto essere corrisposto a rate. Agiva in giudizio il Fallimento, chiedendo dichiararsi la inefficacia dell’atto di compravendita, in quanto integrante una donazione indiretta, posto che la giovane età della figlia – appena diciottenne – e l’assenza di mezzi economici in capo alla medesima – studentessa – non consentivano di ritenere ragionevolmente che la predetta avesse acquistato la nuda proprietà del bene con risorse proprie, anziché, come verosimile, con quelle paterne.  

Il Tribunale – facendo proprio il principio dettato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2149/2014 – ha affermato che l’intestazione ai figli della nuda proprietà di un immobile, contestualmente all’acquisto da parte del genitore poi fallito, costituisce donazione indiretta solo ove il donante abbia versato per intero il prezzo del bene; circostanza questa non ravvisabile nel caso di specie, non avendo la parte acquirente corrisposto le rate concordate, con conseguente impossibilità di considerare l’atto di compravendita inefficace ex art. 64 LF.  

Orbene, mette conto di rilevare che la fattispecie ipotetica della donazione indiretta di immobile è stata elaborata dalla giurisprudenza consolidatasi a partire dalla sentenza n. 9282/92 resa a Sezioni Unite dalla Corte di Cassazione. Nella pronuncia menzionata, la Suprema Corte ha affrontato la questione controversa dell’oggetto della donazione in ipotesi di immobile intestato al figlio, ma acquistato dal genitore con denaro proprio, chiarendo se, in ipotesi di tal fatta, debba ritenersi donato l’immobile (cfr Cass. 596/89; Cass. 4986/91) o, invece, la somma di denaro elargita per l’acquisto (Cfr  Cass. 943/49; Cass. 1124/51; Cass. 131/54; Cass. 236/58; Cass. 2147/87).

La Corte regolatrice, occupandosi in particolare dell’istituto della collazione, ha composto il contrasto giurisprudenziale, aderendo al primo dei due orientamenti rammentati, affermando che, qualora vi sia un collegamento funzionale tra l’elargizione di denaro da parte del genitore e l’acquisto dell’immobile da parte del figlio, oggetto della donazione è l’immobile e non il denaro utilizzato per l’acquisto. Il successivo reimpiego della somma ricevuta, invero, rientra nelle previsioni del donante e costituisce esecuzione del procedimento che il genitore ha inteso adottare, perseguendo l’intento di arricchire dell’immobile il patrimonio del figlio. Conseguentemente, in base a tale sentenza, oggetto di collazione sarà l’immobile e non il denaro.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, Tizio, in qualità di erede del di lui genitore, aveva convenuto in giudizio i propri fratelli, chiedendo la collazione alla massa ereditaria di un immobile – acquistato dal de cuius in vita e fittiziamente intestato ad uno degli eredi convenuti – o, quanto meno, della somma di denaro utilizzata per l’acquisto.

La Corte di Appello, in riforma della sentenza resa dal Tribunale – che aveva rigettato integralmente la domanda di collazione – ordinava all’erede intestatario dell’immobile in questione di conferire alla massa ereditaria la somma donatagli dal padre per l’acquisto, e non anche l’immobile stesso, stante l’inesistenza di un contratto preliminare di vendita, aderendo all’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, ove il de cuius in vita abbia stipulato un preliminare di compravendita di un immobile, sostituendo a sé il proprio figlio nel contratto definitivo e fornendogli il denaro per il pagamento del prezzo, l’operazione negoziale integra una donazione indiretta dell’immobile, con la conseguenza che, in sede di collazione, il beneficiario dovrà conferire, non la somma di denaro impiegata per l’acquisto, ma l’immobile stesso (Cass. 6581/1984).  

La Suprema Corte ha cassato la sentenza resa dalla Corte territoriale, osservando che in ipotesi di denaro elargito dal donante quale mezzo di acquisto dell’immobile in capo al figlio, oggetto della collazione non può che essere l’immobile stesso – in quanto bene di cui il genitore ha inteso beneficiare il figlio – anche ove sia mancata la stipulazione, in proprio nome, di un contratto preliminare con il proprietario dell’immobile.

Affinchè l’elargizione di denaro possa considerarsi modalità attuativa dell’attribuzione liberale dell’immobile è tuttavia necessario che il donante abbia versato per intero il prezzo della compravendita. Come innanzi rammentato, tanto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la pronuncia richiamata dal Tribunale di Civitavecchia nella sentenza annotata (Cass. 2149/2014).

Civitavecchia, 20.05.2017 – Avv. Fidalma Chiacchierini – Foro di Civitavecchia