“La responsabilità per i danni cagionato da cose in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l’amministrazione liberata dalla medesima responsabilità ove dimostri che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione (nella specie, una macchia d’olio, presente sulla pavimentazione stradale, che aveva provocato la rovinosa caduta del motociclista) la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode”.
La Suprema Corte (Presidente De Stefano – Relatore Tatangelo) con la sentenza in commento, confermando le statuizioni di primo e di secondo grado, pronunciava il principio di diritto sopra esposto, a definizione di un procedimento riguardante un sinistro stradale causato da una macchia d’olio presente sulla sede stradale.
La questione prendeva le mosse dalla richiesta di risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti in seguito alla caduta occorsa ad un motociclista e causata da una macchia d’olio fresca presente sull’asfalto. A seguito del rifiuto del Comune di Brindisi, proprietario della strada, di risarcire il danno in via transattiva, il danneggiato adiva il competente ufficio del giudice di Pace al fine di vedere riconosciute le proprie ragioni e per la quantificazione del danno.
Sia il Giudice di Pace di Brindisi, che il Tribunale dello stesso capoluogo in grado di appello, rigettavano la richiesta di risarcimento del danno in quanto, nella specie, sarebbe stato provato, da parte dell’Ente resistente, il caso fortuito, rappresentato dalla impossibilità di intervenire nell’immediatezza alla rimozione del pericolo (la macchia d’olio presente sulla sede stradale risultava ancora fresca al momento del verificarsi dell’evento).
La Suprema Corte richiama tutti quei principi, in tema di responsabilità da cose in custodia, più volte affermati e ribaditi dalla medesima, secondo i quali la responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. prevede l’onere della prova, in capo al danneggiato, riguardante il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno verificatosi, mentre al custode spetta di provare l’eventuale fattore fortuito che riesca ad escludere il nesso eziologico tra res e danno, comprensivo del fatto del terzo e della condotta colpevole della vittima. Specificano ancora i giudici di Piazza Cavour che l’evento deve sempre connotarsi per i propri elementi estrinseci di imprevedibilità ed inevitabilità, indicando che le variazioni inattese della struttura stradale (come ad esempio buche o macchie oleose) diventano, col passare del tempo, nuove presupposti caratterizzanti e tipici della cosa, di cui il custode ha l’obbligo di rispondere qualora si verifichino eventi lesivi nei confronti degli utenti della strada.
Il rapporto di custodia viene identificato come una relazione di fatto tra il soggetto e la cosa che sia tale da consentirne il “potere di governo”, ossia la possibilità di esercitare un controllo tale da eliminare le situazioni di pericolo insorte e da escludere i terzi dal contatto con la cosa ( Casss. 12 luglio 2006, n. 15779), ove essa sia fonte di pericolo.
Nonostante il carattere oggettivo di tale responsabilità, la quale e’ esclusa soltanto dalla prova del caso fortuito, la giurisprudenza della Suprema Corte ha riconosciuto che il comportamento colposo del danneggiato può, secondo un ordine crescente di gravità, atteggiarsi come concorso causale colposo, valutabile ai sensi dell’articolo 1227, primo comma, cod. civ., ovvero addirittura giungere ad escludere del tutto la responsabilità del custode (Cass. n. 15779 del 2006).
Si e’ detto, infatti, che il dovere di segnalare il pericolo, che costituisce normale obbligo gravante sul custode, si arresta in presenza di un uso improprio, anomalo e del tutto imprevedibile della cosa, la cui pericolosità sia talmente evidente da integrare essa stessa gli estremi del caso fortuito (Cass.19 febbraio 2008, n. 4279, nonché 4 dicembre 2012, n. 21727)
Nel caso di specie, però, l’evento sarebbe stato determinato da quelle che la Suprema Corte definisce “cause estrinseche ed estemporanee casate da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione da parte dell’Ente preposto”; proprio tali requisiti devono far qualificare il fattore di pericolo come caso fortuito, in quanto la potenzialità offensiva si scatenava ancor prima che fosse ragionevole pretendere l’operazione di sistemazione da parte del custode.
Il fatto che la macchia d’olio si fosse appena formata viene proprio a delineare tale ipotesi, in quanto il Comune tenuto alla custodia non poteva in alcun modo porre rimedio al fatto.
Avv. Andrea Vecchiotti- Foro di Civitavecchia Marzo 2019