LA RETE DI RECINZIONE INTEGRA DELL’AUTOSTRADA NON ESIME LA SOCIETA’ DI GESTIONE DAL RISARCIRE I DANNI CAUSATI DALLA PRESENZA SULLA STRADA DI ANIMALI SELVATICI (Cass. nr. 11785/2017) A cura dell’ Avv. Andrea Vecchiotti -Foro di Civitavecchia

 

“La responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia,ex articolo 2051 c.c., ha carattere oggettivo e trova fondamento nella particolare relazione intercorrente tra il custode e la cosa, la presunzione di responsabilità del quale può essere vinta solo dalla sussistenza di un fattore esterno, il caso fortuito, attinente alle modalità di causazione del danno, sicché al danneggiato e’ sufficiente provare il nesso causale tra cosa in custodia ed evento dannoso, mentre il custode, per liberarsi, dovrà offrire la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, idoneo ad interrompere quel nesso causale, in quanto avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità;

Allegata e dimostrata da parte dell’automobilista danneggiato l’inattesa e imprevista presenza sulla carreggiata di un’autostrada di un animale selvatico con cui non era stato possibile evitare la collisione, la società di gestione autostradale, titolare del potere di custodia della cosa, per vincere la presunzione di responsabilità ex articolo 2051 c.c., deve dare la dimostrazione positiva che la presenza dell’animale fosse stata determinata da un fatto imprevedibile ed inevitabile, idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra l’evento dannoso e la cosa custodita, non potendosi tale nesso ritenere escluso dalla mera presenza di una rete di recinzione, ancorché integra, in corrispondenza del tratto autostradale interessato dall’incidente.”

 

Con la sentenza nr. 11785/2017, la III Sezione della Suprema Corte (Presidente Spirito – Relatore Spaziani) è tornata ad occuparsi dei sinistri stradali causati dalla fauna selvatica, nonché della ripartizione dell’onere della prova tra danneggiato e danneggiante qualora venga invocata la responsabilità oggettiva per danno da cosa in custodia ex art. 2051 c.c.

Il casus belli ha inizio quando un malcapitato utente dell’Autostrada A7 Serravalle/Milano, a bordo della vettura aziendale viaggiante a velocità regolare, veniva a collidere con un capriolo che aveva invaso la sede stradale improvvisamente, praticamente impossibile da evitare.

L’animale selvatico si era addentrato sulla strada a scorrimento veloce, entrando dalla carreggiata opposta a quella in cui marciava il danneggiato, e da lì aveva saltato lo spartitraffico per finire la sua corsa contro l’auto della vittima del sinistro.

Per tali motivi, quest’ultimo chiamava in giudizio innanzi al Tribunale di Milano la Società di Gestione dell’Autostrada, al fine di avere il ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, invocando il combinato disposto degli artt. 2043 e 2051 c.c.

Il Tribunale di Milano, ad istruttoria espletata (il danneggiato aveva dimostrato la presenza dell’animale sulla carreggiata e l’impossibilità di evitarlo, nonostante stesse adottando le norme basilari di diligenza e prudenza per chi si mette alla guida) dichiarava la responsabilità oggettiva della società convenuta per omessa custodia del tratto autostradale in cui si era verificato il fatto, condannandola al risarcimento dei danni in favore dell’automobilista.

La convenuta decideva di appellare la decisione di primo grado affermando l’insussistenza del nesso causale tra l’evento e la cosa in custodia, essendo la recinzione esterna della carreggiata risultata integra secondo il rapporto steso dagli Agenti di Polizia Stradale, intervenuti sul posto subito dopo il sinistro.

La Corte d’Appello di Milano ribaltava completamente la decisione di primo grado, escludendo la responsabilità della Società di Gestione dell’autostrada in quanto l’integrità della rete di recinzione esterna non permetteva di affermare la sussistenza del nesso di causalità tra cosa in custodia ed il sinistro che aveva causato i danni, ignorandosi completamente  le modalità, il luogo d il tempo di ingresso dell’animale sulla sede stradale.

Statuiva, inoltre, che a carico della Società non poteva formularsi nessuna censura di negligenza, non essendo prevedibile e/o prevenibile l’insidia rappresentata dall’ingresso sulla carreggiata, dotata di recinzioni, di un animale selvatico.

Contro la sentenza di secondo grado ricorreva per Cassazione l’automobilista, fondando la propria domanda su due motivi: violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2051 c. c., laddove veniva esclusa dalla Corte di Appello di Milano la responsabilità della società di gestione in qualità di custode della strada, e omesso esame e motivazione su un fatto decisivo per il giudizio (la sentenza di secondo grado infatti aveva valorizzato la circostanza che la recinzione posta sulla carreggiata esterna dove viaggiava il danneggiato era risultata integra, omettendo però di considerare che l’animale era entrato dalla corsia opposta di marcia).

Gli Ermellini, pronunciandosi sul primo motivo, argomentano che la responsabilità oggettiva da cose in custodia trova fondamento nell’esigenza che chi trae profitto dalla cosa assume anche il rischio per tutti quei danni che il bene medesimo possa arrecare a terzi.

Con lucido giudizio, i Giudici di Piazza Cavour hanno attribuito alla Società di Gestione la titolarità di un potere di governo sulla cosa, inteso come potere di controllarla, eliminare le situazioni di pericolo insorte ed escludere i terzi dal contatto con esse.

Viene introdotto, in tal modo, il concetto di “rischio da custodia”, in quanto la responsabilità viene imputata a chi, avendo di fatto il potere di effettivo controllo e disponibilità sulla cosa, è chiamato a sopportarne anche quelli che la Cassazione definisce “incommoda”.

Inoltre, secondo la Suprema Corte, l’accertamento della relazione custodiale deve sempre essere condotto in concreto e con riguardo all’uso che la collettività fa della cosa, dell’estensione della strada e delle dotazioni e sistemi di sicurezza e assistenza.

La Corte, a questo punto, decide di entrare ancor più nello specifico sull’argomento, forse anche al fine di dirimere numerosi precedenti contrasti, per lo più tra Giudici di merito: prevede, infatti, per quanto riguarda i sinistri che avvengono sulle autostrade, che deve essere sempre tenuta in considerazione la loro natura di strada a percorrenza veloce, che presuppone pertanto un maggior controllo delle condizioni di sicurezza.

Infine, la Corte torna a ribadire la ripartizione dell’onere della prova tra danneggiato e danneggiante nelle ipotesi di responsabilità in subiecta materia, rilevando che la responsabilità presunta per danni da cose in custodia è configurabile anche con riferimento ad elementi accessori, pertinenze inerti e qualsivoglia altro fattore che, a prescindere dalla sua estrinseca dannosità o pericolosità, venga ad interferire nella fruizione del bene da parte dell’utente finale.

Nel caso specifico, la Corte sottolinea l’erroneità della sentenza di secondo grado in quanto spettava all’attore provare che il danno subito era conseguenza dell’inattesa ed imprevista presenza sulla carreggiata di un animale selvatico, mentre sulla Società di Gestione dell’autostrada incombeva l’onere di provare il caso fortuito (e qui la Cassazione si azzarda finanche ad indicare esempi di situazioni che possono integrare tale figura giuridica, come nel caso del taglio della rete ad opera di vandali che non era stato possibile riparare tempestivamente o provare l’abbandono dell’animale selvatico sulla sede stradale ad opere di terze persone).

(Avv. Andrea VECCHIOTTI)