C.T.R. di Bari sez. XIV Sentenza n 29/14/07

Gli I.A.C.P. sono tenuti al versamento dell’I.C.I.; i soggetti dell’agevolazione del 50% sono gli assegnatari e non gli I.A.C.P.

FATTO
L’I.A.C.P. di ……. proponeva opposizione avverso l’avviso di accertamento d’ufficio emesso dal Comune di ……… per l’I.C.I. relativa all’anno 1998 e notificato il 5.11.2003. con riferimento a n. 233 immobili analiticamente indicati e identificati nelle schede di accertamento.
A sostegno del ricorso I’IACP eccepiva, in via principale:
a) l’illegittimità dell’avviso opposto per la non assoggettabilità all’ICI dell’Istituto ricorrente ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. i del D.Lgs. n. 504/1992;
b) l’assoluta carenza di motivazione consistente nell’esplicazione dell’iter accertativo mediante il quale l’Ufficio accertatore del Comune aveva redatto l’avviso di liquidazione in questione;
c) l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 3, e 7 del. Lgs. 30/12/1992 n. 504 e dell’art. 4 della Legge delega 421/92 con riferimento agli arti. 2 e 3 della Costituzione.
In via gradata e nel merito, chiedeva dichiararsi infondata la richiesta del Comune; in ogni caso vinte le spese processuali.
Con successiva memoria ribadiva le proprie argomentazioni difensive con particolare richiamo alla natura giuridico – istituzionale e non commerciale dell’istituto.

Il Comune si costituiva; contestava l’infondatezza dei motivi di opposizione anche con riferimento alla eccepita incostituzionalità; chiedeva, conseguentemente, il rigetto del ricorso con vittoria di spese.

La Commissione rigettava il ricorso e compensava tra le parti le spese processuali.
In motivazione evidenziava di ritenere non condivisibile la pregiudiziale eccezione di illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione in quanto, per principio giurisprudenziale ormai consolidato (Cass. 12/5/03 n. 7231; 1/4/03 n. 4989; 12/11/98 n. 11420; 25/7/97 n. 6958; C.T.R .Napoli 12/1/04 n. 516),l’avviso deve ritenersi correttamente motivato allorquando, in forma estremamente contratta e semplificata, contenga l’indicazione dei criteri in base ai quali l’accertamento è stato compiuto al fine di consentire al contribuente la possibilità di esercitare efficacemente il diritto di difesa senza che l’Amministrazione possa in seguito dedurre in giudizio altre e diverse ragioni di accertamento (Cass.10/1/97 n. 414); nel caso di specie evidenziava che l’atto emesso dal Comune e le relative schede di accertamento allegate contenevano tutti gli elementi necessari e rendeva noto al contribuente l’iter logico-giuridico che aveva comportato l’accertamento e la liquidazione delle somme richieste e che dal contenuto delle argomentazioni addotte dal ricorrente si evinceva che lo stesso aveva potuto trarre dall’avviso tutti gli elementi per la difesa a fronte della pretesa comunale.
Del pari riteneva non condivisibile la sollevata eccezione di incostituzionalità delle norme richiamate in ricorso atteso che la Corte Costituzionale ( n. 113/1996; n. 119/1999), aveva già dichiarato manifestamente infondate le questione circa la non previsione di esenzione o quanto meno di una disciplina differenziata per gli immobili posseduti dall’IACP dal pagamento dell’ICI.

Nel merito della controversia ,richiamando le sue precedenti decisioni, ribadiva che l’IACP non rientrava tra gli enti di cui all’art. 87 DPR 22/12/1986 n. 917 per i quali era prevista l’esenzione dal pagamento dell’ICI alle condizioni previste dall’art. 7 del D.Lgs 30/12/1992 n. 504. in quanto la stessa esigeva la duplice condizione della “utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore” e la “esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non fossero produttive di reddito” (Cass., Sez. Trib., n. 18549/2003), che nella fattispecie non potevano ritenersi ravvisabili.
Rammentava che nella istituzionale destinazione alla locazione e godimento degli alloggi di edilizia sovvenzionata, sia pure a condizioni predeterminate della legge nei riguardi di cittadini meno abbienti o bisognosi, quest’ultimi erano comunque tenuti al pagamento di pigioni remunerative, che, anche se inferiori a quelle di mercato, tenevano conto “del frutto del capitale investito, di tutte le spese di amministrazione, riparazione e manutenzione ordinaria e straordinaria, delle imposte sovraimposte e tasse generali e locali, degli oneri dipendenti dai regolamenti locali, del deperimento delle spese di assicurazione contro gli incendi e delle perdite per sfitti eventuali”(art. 21, 4 comma r.d. n. 1165/1938).

L’I.A.C.P proponeva appello per :
Errore normativo e falsa interpretazione dell’art. 7, comma 1, lett. N, del d. Lgs. 30/12/1992 n. 504.
Evidenziava che la non assoggettabilità all’I.C.I. degli IACP era stata confermato dall’evoluzione legislativa ( L. 248/2006) intervenuta successivamente all’emissione della Sentenza stessa.
Rammentava la natura assistenziale dell’IACP, e la conseguente esenzione dal pagamento dell’I.C.I. ai sensi dell’art. 7, comma 1 lettera i) del D.lgs. n. 504/1992,connaturata all’istituzione stessa dell’Ente che,senza scopo di lucro, svolgeva un’attività assistenziale in favore di ceti sociali umili, garantendo loro un bene, quale la casa, costituzionalmente garantito, per cui i canoni relativi agli alloggi assegnati, dall’Istituto appellante, erano da considerarsi dei veri e propri canoni sociali, non aventi natura di corrispettivo e di sinallagmaticità per il godimento e l’uso dell’immobile e, soprattutto, non remunerativi, né del capitale “pubblico” investito, né delle imposte gravanti sugli stessi immobili e sottolineava il paradosso che se gli IACP avessero dovuto versare per imposte e simili, tutto, o quasi, il ricavato dei canoni non avrebbero potuto pagare stipendi,le imprese, forniture, e quant’altro necessario per garantire la manutenzione ordinaria degli stessi immobili assegnati per cui il legislatore nella determinazione dei parametri da considerare per stabilire il “canone sociale” dovuto dagli inquilini, non aveva tenuto conto dell’imposta de qua, intendendola non dovuta.
Osservava che la stessa legge che disciplina l’I.C.I. prevedeva una specifica casistica di esenzioni, fra le quali quella a favore degli enti non commerciali, che utilizzano immobili destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, etc. (art. 7, 1° comma, lett. i, del D.Lgs. 504/1992); agevolazione questa che non poteva non ritenersi applicabile anche agli immobili gestiti dall’I.A.C.P.

A conferma di tanto, menzionava l’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 203/2005, convertito con modificazioni nella L. 248/2005, che a suo parere aveva fornito un’interpretazione autentica, con evidente efficacia retroattiva, della citata normativa, stabilendo che la stessa esenzione “si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse “.
Per quanto riguarda l’’efficacia retroattiva della predetta disposizione citava l’art. 1, comma 133, della Legge 23.12.2005 n. 266 (Finanziaria 2006), ove il Legislatore, aveva precisato che “con riferimento ad eventuali pagamenti effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non si fa comunque luogo a rimborsi e restituzioni d’imposta”.
Menzionava la Sentenza n. 9/14/06 del 28.2.2006 e . 67/02/06 di questa C.T.R , nonché quelle della C.T.P. di Bari n. 44/4/06 del 26.4.2006.

Rammentava che, nonostante la chiarezza di tale interpretazione, il Legislatore era di recentemente, intervenuto con l’ulteriore interpretazione autentica dell’art. 7, comma 1, lett. i) della ridetta normativa, mediante la previsione dell’art. 39 del D.L. n. 223/2006, convertito con modificazioni nella L. 248/2006; che ha ulteriormente precisato che “ . L’esenzione disposta dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale”.

2. Mancata applicazione della riduzione del 50% dell’imposta, prevista dall’art. 8, del d.lgs. 504/1992.
Senza rinunciare alla predetta eccezione ed in via meramente subordinata, osservava che il comma 4, dell’art. 8, del D.Lgs. 504/92, modificato dall’ art. 3 comma 55 della L. 23.12.1996 n. 662 prevede la riduzione dell’ICI al 50% oltre per gli i alloggi appartenenti a cooperative edilizie a proprietà indivisa, anche “agli alloggi regolarmente assegnati dagli I.A.C.P.

Dopo aver rammentato che gli alloggi di edilizia sovvenzionata, facenti parte del patrimonio abitativo degli I.A.C.P. ed adibiti esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, non vengono assegnati dagli I.A.C.P. ma dai Comuni mentre quelli di edilizia agevolata e convenzionata, che peraltro costituiscono una minor parte del patrimonio abitativo degli istituti, vengono assegnati da questi ultimi ( art. 88 del D.P.R. 24.7.1977 n. 616 e Delibera CIPE 13 marzo 1995, art. 4 e art. 2, comma 2) .sottolineava che se il Legislatore aveva inteso accordare la riduzione dell’I.C.I. agli alloggi di edilizia agevolata, che sono costruiti con mutui agevolati e la cui agevolazione consiste normalmente in uncontributo dello Stato (in genere sugli interessi) erogato direttamente all’Istituto di Credito che ha concesso il mutuo, doveva ritenersi che a maggior ragione, ha inteso accordare agli alloggi facenti parte dell’edilizia sovvenzionata (come quella dello IACP ) costruiti integralmente con finanziamento e fondo perduto dello Stato l’esenzione totale dell’I.C.I. perché trattasi di una fattispecie certamente più meritevole di considerazione per la destinazione degli alloggi a fini esclusivamente assistenziali dei cittadini più bisognosi. (.C.T.R. di Bari . 136/10/05 del 14.7.2005).

Nel caso in questione osservava che nell’Avviso di accertamento notificato dal Comune di Bisceglie, non risultava che l’Ente impositore avesse applicato neanche questa riduzione del 50% , il che comportava l’illegittimità dei ridetti atti

Al riguardo precisava che tutti gli alloggi costruiti nei Comuni della Provincia di Bari dall’I.A.C.P. di Bari erano riconducibili alla edilizia sovvenzionata realizzata, nel tempo, sulla base di numerose leggi di cui menzionava gli estremi

3. Insufficiente motivazione sulla illegittimità dell’atto impugnato per carenza assoluta di motivazione.
In ultimo osservava che i Giudici di prime cure,avevano motivato in modo insufficiente il rigetto di quanto denunziato sul vizio dell’assoluta mancanza di motivazione dell’Avviso di accertamento de quo, consistente sia nella carenza, di esplicazione dell’iter accertativo mediante il quale il Comune aveva redatto l’Ingiunzione di pagamento che dell’incertezza e della contraddittorietà della effettiva notifica e dei dati relativi agli avvisi di accertamento e liquidazione prodromici alla stessa ingiunzione; inoltre erano inaccettabili, sotto il profilo motivazionale, le allegate schede di accertamento all’avviso di accertamento impugnato, “incomprensibili” e prive di sottoscrizione autografa del responsabile del procedimento amministrativo e non potevano soddisfare la necessaria motivazione dell’atto amministrativo essendo criptiche nella lettura ed interpretazione e non pervenendo da un terzo (UTE).

Rammentava che tale constatazione deve considerarsi come eccezione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, poiché la richiesta del Comune risultava fondata su di un atto totalmente nullo, in ragione della manchevolezza evidenziata.

Al riguardo riportava l’orientamento assunto dalla Cassazione ( n.16204/00) che ha ritenuto non applicabile agli atti impositivi l’articolo 3 del D.Lgs. n. 39/1993, e quella della C.T.P. di Bari (n. 20 del 10.2. 2004 ) che ha precisato che per gli atti impositivi “in senso stretto” (avvisi di accertamento, avviso di rettifica, avvisi di liquidazione, irrogazione delle sanzioni), si rende necessario, nell’ambito del rapporto tributario, supportare l’imposizione con idonea valutazione e adeguata motivazione, “correlata alla fattispecie concreta”, e per la quale, con la sottoscrizione autografa, il funzionario responsabile se ne assume la responsabilità, oltre che la paternità .

Nel caso in questione l’illegittimità dell’atto opposto per omessa sottoscrizione autografa da parte del responsabile legittimato a suo dire configurava oltre che la violazione del disposto dell’articolo 3, del D.Lgs 39/1993, anche dell’art. 1, comma 87, della Legge 549/95 in materia di sottoscrizione degli atti.
Citava anche l’art. 3 coma 1 l’art 29 della L. 7.08.1990 n. 241 , nonché l’art.7 dello Statuto dei diritti del contribuente (L. 27/7/2000 n. 212).

Con successiva memoria del 3.4.2007 nel confermare tutte le motivazione esposte nell’ atto di appello evidenziava ancora una volta che l’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 203/2005, convertito con modificazioni nella L. 248/2005, aveva fornito un’interpretazione autentica, con evidente efficacia retroattiva, delle esenzioni previste dall’art. 7, 1° comma, lett. i, del D.Lgs. 504/1992 ed al riguardoalle sentenze già citate nell’ atto di appello , aggiungeva quelle della sez. 14 del 29.9.2002 n. 68 di questa C.T.R. e quelle della sez. 15 del 14.3.2007 C.T.P.di Bari.
Il comune non si costituiva;

Alla Pubblica Udienza del 13.4.207 , il Collegio ,dopo aver sentito il legale dell’appellante,si riservava di decidere..

Motivazione
Questa C.T.R. in primis rileva che l’ eccezione preliminare ( anche se indicata in ultimo nei motivi di appello ) d’ Insufficiente motivazionein sentenza sulla illegittimità dell’atto impugnato per carenza assoluta di motivazione è infondata.
In sentenza i primi giudici hanno ben motivato ed evidenziato le ragioni per cui hanno ritenuto non condivisibile la pregiudiziale eccezione di illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione, rammentando il principio giurisprudenziale ormai consolidato (Cass. 12/5/03 n. 7231; 1/4/03 n. 4989; 12/11/98 n. 11420; 25/7/97 n. 6958; C.T.R .Napoli 12/1/04 n. 516) che l’avviso deve ritenersi correttamente motivato allorquando, in forma estremamente contratta e semplificata, contenga l’indicazione dei criteri in base ai quali l’accertamento è stato compiuto, gli elementi all’uopo utilizzati (Cass. sez. unite n 4853 del 3.6.87) e quindi di contestare l’an ed il quantum debeatur .( tra le altre Cass. SS.UU. 12141 del 21.12.1990 ; Cass. n. 1209 del 4.2.2000; n. 3226 del 28.3.1998; n. 6958 del 25.7.1997; n. 7759 del 22.8.1996 n. 14427 del 22.12.1993; n. 4749 del 24.7.1986; e Cass. Sez. trib. N. 2780 del 26.2.2001) e consenta al contribuente la possibilità di esercitare efficacemente il diritto di difesa senza che l’Amministrazione possa in seguito dedurre in giudizio altre e diverse ragioni di accertamento (Cass.10/1 /97 n. 414).
Al riguarda la Commissione rammenta che la insufficiente motivazione di un avviso di accertamento non comporta mai la nullità dell’atto, non essendo una sanzione così grave prevista da alcuna norma e che una motivazione eventualmente insufficiente potrebbe avere come unica conseguenza l’onere da parte dell’Amministrazione di esplicitare ed integrare per quanto occorre il contenuto dell’atto impugnato ed “il requisito della motivazione dell’accertamento oltre alle puntualizzazioni degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizioni dedotte , viene osservato anche se la sola indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa consenta di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale fase contenziosa, restando poi affidate al giudizio d’impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostanza alle questioni positive “ (Cass. n. 11700 del 21.11.2000).
Su questa linea si è pure posizionato ultimamente il Consiglio di Stato sez. V che , con sentenza n. 2281 del 29.4.2002, che rafforza quanto già deciso dal Tar del Lazio sez. 1 il 16.1.2002 con sentenza n. 328, ha chiarito che “la garanzia di tutela delle proprie ragioni non viene meno per il fatto che nel provvedimento finale della P.A. non risultino chiaramente e compiutamente esplicate le ragioni sottese alle scelte allorché le stesse possono essere agevolmente colte dagli atti afferenti alle varie fasi in cui si articola il provvedimento”; il che comporta che continuare ad eccepire il difetto di motivazione in materia di ricorsi tributari appare ora dilatorio e defaticante ( C.T.R. per Puglia sez. 24 n. 41 del 23.1.2003, , e sez. XV n.90 del 10.6.2005 ).
Comunque l’atto impositivo, nel caso in esame ,così come hanno sentenziato i primi giudici, non contiene alcuna carenza di motivazione, riporta tutti gli elementi materiali e giuridici cui la pretesa fiscale è correlata e consentire la predisposizione di una valida difesa. ( Cass. n. 5117/90 e C.T.C. n.269/90 ), cosa che fra l’ altro è avvenuta .
In esso sono indicati specificatamente ed analiticamente
l’oggetto della tassazione ( Imposta Comunale sugli Immobili ) e l’indicazione “ Avviso di accertamento d’ufficio ( art 11 , comma 2 D.Lgs. 504/92) ;
l’ anno di riferimento 1998 ;
l’oggetto dell’ accertamento “ omessa denuncia e dei versamenti con indicata analiticamente
l’imposta dovuta;
le sanzioni amministrative per infedele denuncia con la relativa menzione delle disposizioni legislative e delle aliquote percentuali;
gli interessi moratorii con la relativa menziona delle disposizioni legislative e delle aliquote percentuali ;
le spese di notifica;
l’importo complessivo da pagare con l’indicazione dell’importo complessivo da pagare in caso di adesione formale.
Inoltre allo stesso sono allegati 60 schede di accertamento relativi a 233 immobili per i quali è stata omessa la denuncia con indicati:
i dati relativi all’identificazione catastale ( partita , sezione , foglio , numero sub) nonché via e numero civico in cui è ubicato l’immobile;
il classamento ( zona , categoria , classe e consistenza );
la rendita;
la percentuale ed il periodo di possesso;
l’aliquota applicata;
la singola tassazione per ogni immobile ( rendita per aliquota ).
Elementi questi che hanno consentito all’ I.A.C.P. di produrre ricorso nei termini, motivandolo nel merito.
Infatti, in entrambe le fasi processuali, ha dimostrato perfetta conoscenza dei fatti addebitategli e dei criteri adottati a base degli addebiti .
Inoltre, ad abundatiam, l’ atto opposto riporta gli orari e gli uffici presso cui possono essere chieste ulteriori informazioni e visionari ulteriori atti e/o documenti .
Indica infine l’organo ( C.T.P.) al quale è ammesso il ricorso ed i termini di presentazione dello stesso ( entro 60 giorni dalla data di notifica dell’atto)
Rammenta pure, che il ricorso deve essere notificato anche al Comune ( ex art. 16 del D.lg. 546/92 ) e che successivamente entro 30 il ricorrente deve costituirsi in giudizio presso la C.T.P. secondo le disposizioni ex art.22. del D.Lgs 546/92 .
Vi è il nome del funzionario responsabile e la sua sottoscrizione
Questa Commissione – si ripete – non intravede cosa l’atto in questione avrebbe dovuto ancora indicare per rispondere agli obblighi previsti sia dall’art. 11 del D.Lgs 30.12.1992 n. 504 che quelli dell’art. 3 della legge 7.8.1990 n. 241 per cui l’invocazione, anche in sede di appello,dopo le esaustive motivazioni dei giudici di prime cure, di un difetto di motivazione, come è stato già detto appare solo defaticante.
Per quanto riguarda la doglianza che le schede allegate all’ atto non sono state sottoscritte dal funzionario responsabile del Comune, trattasi di una questione non sottoposta ai giudici di primo grado e quindi inammissibile in questa sede ;pur tuttavia la doglianza è infondata.
L’avviso acclarato , come è stato già detto, risulta sottoscritto dal funzionario responsabile ed in esso si legge che le allegate schede fanno parte integrante del medesimo , sicché deve ritenersi che con la sottoscrizione dell’avviso di accertamento siano state sottoscritte anche tutte le schede allegate alle quali si fa riferimento ed inoltre le stesse riportano dati provenienti da un terzo ( Catasto ) e già denunciati dallo stesso contribuente con la dichiarazione presentata il 30.6.1995 prot. 2228 per cui non dovevano essere sottoscritte da alcun funzionario dal Comune, anche se li ha fatto propri.
La certezza di tali dati ed relativi calcoli aritmetici non è stata contestata dal ricorrente- appellante che si è limitato solo a denunciare una inesistente “ criptica lettura ed interpretazione degli stessi” ed non veritiera “ non veritiera provenienza da un terzo “

Nel merito
L’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 203/2005, convertito con modificazioni nella L. 248/2005, che avrebbe fornito un’interpretazione autentica, con evidente efficacia retroattiva, della citata normativa, stabilendo che la stessa esenzione “si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse ” oggi , per effetto della legge 2.12. 2005 , n. 248 ,in sede di conversione , modificato dall’ art. 1 , comma 133 , della legge 23.12.2005, n. 266 e successivamente sostituito dall’art. 39 del D.L. 4 7. 2006 n. 233 ora si legge “si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale “ in quanto le parole a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse “sono state sostituite con le parole” che non abbiano esclusivamente natura commerciale

La natura imprenditoriale – commerciale dell’I.A.C.P. è stata da tempo riconosciuta e l’insussistenza del diritto dell’I.A.C.P. alle predette esenzioni è stata affermata da una giurisprudenza oramai consolidata ( Cass. la. 10.6.2005 n. 12341 e 18.4.2005 n. 8054; C.T.R. Campania sez. XXI del 23.6.2004 n. 8 e Sicilia sez. XXVII n. 8 del 9.3.2004; C.T.P. Napoli sez. XXXII del 23.5.2003 n. 173 e sez. XXI del 10.2.2003 n. 18; C.T.P. Bari sez. X del 4.5.2006 n. 21. sez. VIII del 16.1.206 n. 2.5.2006 n. 21, sez. XVII del 11.7.2005 n. 21, sez. X del 3.3.2005 n. 20) , in quanto ,pur essendo un ente pubblico non economico,destinatario di fondi statali che utilizza per la costruzione di alloggi da assegnare ai cittadini meno abbienti, attraverso il Comune di residenza, in base a graduatorie comunali, diventa proprietario di tali alloggi fino all’eventuale trasferimento in capo ai cittadini e la assegnazione non avviene a titolo gratuito(circostanza che potrebbe giustificare il fine assistenziale) ma a titolo oneroso in quanto l’assegnatario è tenuto al pagamento di un canone mensile, fissato per legge, che rappresentava il corrispettivo, anche se inferiore a quello di mercato, per l’uso dell’alloggio.
Tale corrispettività , ai sensi dell’art. 21, R.D. n. 1165/1938, è quantificata tenendo conto, come hanno ben ricordato i primi giudici, anche “….delle imposte, sovrimposte e tasse generali e locali, degli oneri dipendenti dai regolamenti locali… ” e il canone rappresenta il corrispettivo per l’uso dell’alloggio lo si può desumere anche dal fatto che se l’assegnatario non paga ,l’istituto ha tutti gli strumenti giudici, come un comune proprietario immobiliare , a disposizione per intervenire e per recuperare i canoni eventualmente non pagati fino a richiedere lo sgombero dell’alloggio.
Inoltre alla riscossione del canone si aggiunge anche la possibilità per l’Istituto di vendere gli immobili in questione(ed incamerare il relativo controvalore ), nel rispetto delle condizioni previste dalla legge: elementi questi che portano a riconoscere allo IACP una natura assimilabile a quella imprenditoriale, anche se finalizzata all’interesse pubblico, per cui non può essere esentato, sulla base della normativa vigente, dal pagamento ICI.
A diversa soluzione a non si giunge esaminando la problematica sotto altra angolazione.

Circa la questione della mancata riduzione del 50 % di cui all’ art. .8, comma 4, D.Lgs. n. 504/1992( sostituito dall’art. 3, comma 55, legge 23/12/1996 n. 662) la Commissione oltre a rilevare che anche questa doglianza non risulta proposta in sede di ricorso introduttivo ma solo con le memorie illustrative allo stesso e quindi sarebbe inammissibile , sottolinea che la norma ha previsto tale riduzione agli alloggi regolarmente assegnati dagli IACP: i soggetti di tale riduzione sono quindi gli assegnatari e non gli I.A.C.P. per cui nessuna riduzioni doveva applicare il Comune e l’avviso di accertamento che non ha previsto tale riduzione è legittimo.
La commissione infine rammenta che la Corte Costituzionale con Ordinanza n. 19 del 26.1.2007 n. 429 del 19.12.2002 e n. 113 del 12.4.1996e 119/1999 , ha affrontato le questioni inerenti alla non previsione legislativa delle agevolazioni e/o riduzioni fiscali dichiarandole manifestamente infondate, per cui ritiene che nessuna altra interpretazione analogica sia possibile ( C.T.P. Rovigo n. 78 del 25.3.1998 ) .

La mancata costituzione in questa sede del Comune di Bisceglie comporta il non riconoscimento di alcuna spese

P.Q.M.
La Commissione . sciogliendo la riserva formulata all’ udienza del 13 aprile 2007 , rigetta l’appello come proposto. Nulla per le spese.
Bari, 20.4.2007
Il relatore il Presidente
( dr Michele Gurrado ) ( dr Gennaro L’ Abbate )