Chi si collega ai siti a pagamento per guardare e scaricare materiale pedopornografico rischia una condanna per detenzione di materiale pornografico. Lo ha stabilito la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione confermando la condanna ad un anno e sei mesi di reclusione inflitta dalla Corte di Appello di Milano ad un noto musicista, autore di numerose trasmissioni televisive, che era finito nell’inchiesta milanese culminata nel 2001 con la perquisizione delle abitazioni di più di 100 persone che si collegavano ai siti internet pedopornografici pagando l’accesso con la carta di credito. Il noto compositore era stato accusato di detenzione di centinaia di foto pedopornografiche che gli erano state sequestrate dal computer di casa, e nel 2003 era stato condannato in primo grado, condanna poi confermata in appello. Invano l’imputato si era difeso sostenendo la propria estraneità al mondo della pedofilia ed affermando di essersi collegato ai siti per indagare sul fenomeno con l’intenzione di combatterlo, e sostenendo in Cassazione l’illegittimità costituzionale delle norme contro lo sfruttamento sessuale dei minori.
La Suprema Corte, respingendo il ricorso del musicista, ha infatti affermato che qualsiasi espressione della propria personalità e libertà possa essere considerata lecita e costituzionalmente garantita nella misura in cui la sua esplicazione non comporti danno per altre persone, specialmente se si tratti di soggetti incapaci di difendersi e impossibilitati ad operare delle libere scelte; è infatti indubbio che “tutta l’attività organizzata ai fini della produzione, diffusione e messa in commercio di certe immagini esiste e si perpetua solo perché vi è a monte una domanda: un pubblico, cioè, di consumatori che intende acquistarle e detenerle.
Pertanto, il comportamento di chi accede ai siti e versa gl’importi richiesti per procurarsi il prodotto è altrettanto pregiudizievole di quello dei produttori. Ed è questa la ragione, per la quale, del tutto legittimamente, il legislatore punisce anche quelle condotte che concorrono a procurare una grave lesione alla libertà sessuale e individuale dei minori coinvolti”. (12 dicembre 2007)